Il documentario “Fedeltà. Soldati. Prigionieri” di Steve Mancini: documenti e testimonianze di una pagina di Storia. «Ricordare per imparare la fratellanza» L’abbraccio (inaspettato) dell’America ai reduci di El Alamein

La memoria dei padri custodita dai figli diventa un film, “Fedeltà. Soldati. Prigionieri”. Guerra, sconfitta e deportazione di 1.250 italiani, reduci di El Alamein rinati nei campi di lavoro della cittadina americana di Letterkenny in Pennsylvania, dove finirono dopo l’inferno di fuoco e di sabbia in Africa. Lì cominciò il riscatto e un rapporto indissolubile fra le due comunità che, adesso, il regista Steve Mancini, docente alla Robert Morris University di Pittsburgh, ha voluto fissare per sempre sulla pellicola. Fra loro, Luigi, il padre dell’ex sindaco di Vimodrone, Antonio Brescianini. A maggio l’arrivo della troupe, l’incontro con i familiari che raccontano i ricordi dei genitori e la condivisione «di sentimenti che sono un patrimonio collettivo», dice Brescianini jr. La prima del documentario sarà trasmessa il 21 settembre alle 9.30 all’auditorium Gaber, a Milano. A Roma, il 27, il bis all’University Notre Dame. Da anni i parenti hanno dato vita ad Ampil, l’associazione che li riunisce e che raccoglie documenti e testimonianze dell’epoca. «Se non conserviamo il ricordo della nostra storia e dei nostri antenati, prima o poi arriverà qualcuno a dirci chi siamo stati e chi siamo ora», spiega il professore parlando dell’opera. Il lavoro prodotto da Mancini con Blacksheep’d Production ripropone «la carcerazione dorata» di migliaia di militari «fra tempo libero, musica, teatro, sport, studio, crescita personale, amore e profonda fede religiosa», lontanissima dalla privazione di diritti e libertà. Americano con radici italiane, il regista si è imbattuto nella vicenda pochi anni fa e sorpreso «dalla quantità di aneddoti, lettere, fotografie emerse e dai legami consolidati nel tempo tra le due nazioni», ha scelto di ricostruire i fatti. Anche grazie alla collaborazione con Alan Perry, professore di Cultura e Lingua Italiana al Gettysburgh College, tra i primissimi a portare avanti le ricerche sui 51mila combattenti dell’armata regia catturati in Africa nel 1943, detenuti in più di 140 campi in tutti gli Stati Uniti. «Questi uomini avevano vissuto il peggio della guerra, ma li attendeva qualcosa di totalmente inaspettato», dice Mancini. «Ricostruire le proprie origini è un modo per capire da dove arriviamo, riuscendo ad avere coscienza del complesso di valori che si vuole portare avanti – sottolinea Brescianini- L’esperienza di prigionia vissuta da mio papà e dai suoi amici è un monito dal quale anche adesso continuo a imparare fratellanza, fede, mutuo aiuto. Anni fa decisi di contattare, uno a uno, i figli di altri commilitoni di cui trovavo cenni nei diari conservati da mio padre».

Barbara Calderola

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